Shiva
La rabbia positiva di Shiva
di Gabriela Balaj
La Vita.
E' un ciclo dove L’equilibrio della Giustizia è la Forza Universale che lavora dentro di noi. Ogni cosa accaduta doveva esattamente umilmente consumarsi in quel preciso modo, per una serie infinita di cause ed effetti. Accade perchè tutto si trasforma, la Forza si contrae e si espande. Tutto cambia. Continuamente. Eternamente. Lo puoi chiamare anche Karma.
E' un ciclo dove L’equilibrio della Giustizia è la Forza Universale che lavora dentro di noi. Ogni cosa accaduta doveva esattamente umilmente consumarsi in quel preciso modo, per una serie infinita di cause ed effetti. Accade perchè tutto si trasforma, la Forza si contrae e si espande. Tutto cambia. Continuamente. Eternamente. Lo puoi chiamare anche Karma.
Siamo stati abituati alla concezione occidentale dove rabbia
e spiritualità non possono coesistere, devono quasi sempre essere due cose
diverse. Non è concepibile che una persona buona possa esprimere rabbia. Invece
nella cultura orientale la rabbia fa parte addirittura della natura di alcuni
Deva, ovvero esseri DIVINI, creatori di questo mondo, che di seguito vediamo. C’è
una sottile differenza tra essere arrabbiato o infuriato tenendo dentro di sé quella
carica negativa, e di essere invece arrabbiato con un comportamento negativo o
con il proprio ego. In questo secondo caso la rabbia è positiva perché cercherà
di distruggere ciò che crea negatività ed altre forme e tipi di malesseri. Ricordate
che anche il maestro Gesù aveva manifestato rabbia in alcune occasioni, ma
questo non vuol dire che dentro di Sé lui teneva carico uno spazio di rabbia.
No assolutamente, Gesù è puro Amore. Quando una persona si risveglia
spiritualmente, la conseguenza è che avrà modo di RISVEGLIARE ANCHE LA RABBIA
POSITIVA, il cui scopo è di distruggere l’ego e le proprie e altrui azioni
egoiche. E’ molto molto importante creare dentro di Sé uno spazio dove non c’è alcuna
violenza, dove non c’è alcun conflitto, poi potrai anche usare la rabbia positiva,
altrimenti diventa carica negativa e come dice Buddha, in quel caso la rabbia
sarà come tenere i carboni ardenti nelle proprie mani, oppure come bere del
veleno e sperare che l’altro muoia. I saggi Kabbalisti ci dicono che nessun
altra emozione ha il potere di eliminare la Luce / Amore / Consapevolezza, a
seconda del modo in cui la rabbia si manifesta. Lo Zohar, un libro sacro dei kabbalisti, spiega la
differenza tra la rabbia e qualsiasi altra azione negativa: quando una persona
si arrabbia rischia di interiorizzare le
tenebre. Se qualcuno perde il controllo, in verità perde quello spazio interiore
chiamato advaita, di cui ho scritto appena sopra e, durante i momenti di
rabbia, non è più collegato alla Luce. Inoltre, lo Zohar ci consiglia di non
parlare a qualcuno che ha perso la calma ed è dominato dalla rabbia, perché,
quando lo facciamo, è come connettersi direttamente al suo lato negativo,
perché la rabbia ha letteralmente tolto la Luce dal di dentro a quella persona.
In questo caso parliamo di rabbia negativa. Ma la domanda è: qual'è il lato
positivo della rabbia ? Non sto parlando di avere rabbia verso l’anima di altri
esseri, o rabbia verso qualcuno che ci ha fatto qualcosa, ma capire che ci sono
cose per cui ci è permesso arrabbiarsi con qualcuno e quel qualcuno è per
esempio l'EGO, il desiderio di ricevere solo per Sé stessi. Abbiamo bisogno di
arrabbiarci per esempio con i pensieri egoistici e le idee che cercano sempre
di invadere le nostre menti. Pertanto, quella rabbia che vogliamo risvegliare,
è quello di essere veramente arrabbiati con il nostro Ego, il nostro desiderio
di ricevere solo per Sé. Ci dobbiamo render conto che l'Ego e la rabbia, non
siamo noi. Ognuno di noi è Luce pura, la nostra anima, la nostra essenza è una
connessione completa alla Luce del Creatore. Quindi, abbiamo bisogno di
separare noi stessi dal lato negativo, e la rabbia positiva è un potente
strumento che possiamo usare per accelerare questo processo. Quanto più ci
dissociamo, costantemente, dal nostro desiderio di ricevere per il Solo Sé e,
al contrario, siamo sempre più arrabbiati con l'Ego, allora, siamo veramente
sulla strada per la quale siamo venuti in questo mondo - per ricevere Luce
piena, soddisfazione e benedizioni.
Nelle sacre e antiche scritture induiste Upaniṣad, Śiva è il
«signore che tutto governa»; è «colui dal quale tutti gli esseri nascono e vi
ritornano»; è «il Sé interiore di tutti gli esseri viventi» .
Nel grande poema epico Mahābhārata, la cui stesura finale è
comunque successiva alle Upaniṣad, Śiva è riconosciuto come "Grande Dio
"(Mahādeva), cui è dovuta venerazione da parte di tutti, umani e dèi. Ha
oltre 1008 nomi, un’ antico nome di Śiva è Rudra, il dio selvaggio. Il nome di
Rudra è collegato alla radice verbale sanscrita rud ("ululare",
"urlare", "ruggire", "piangere",
"lamentarsi", "gemere") ma anche all'aggettivo, sempre
sanscrito, rudhirá con il significato di "rosso" o "rosso sangue",
il che collegherebbe questa divinità anche alle nuvole rosse della tempesta e
al rumore del tuono.
Shiva è anche
chiamato Nataraja, il «Signore della Danza», la cui danza cosmica, detta
Tandava, è ciò tramite cui l'universo viene manifestato, preservato e infine
riassorbito. Essa è simbolo dell'eterno mutamento della natura, dell'universo
manifesto, che attraverso una danza scatenata Shiva equilibra con armonia,
determinando la nascita, il moto e la morte di un numero infinito di corpi
celesti.
Nell'ambito dell'iconografia più classica, il dio viene rappresentato
con una folta chioma, con quattro braccia (una per ogni punto cardinale),
mentre compie un passo di danza. Due delle braccia sono aperte, leggermente
piegate, una delle mani sorregge un tamburello, lo strumento musicale con cui
ritma la sua danza e l'altra una fiamma che rappresenta il fuoco con il quale
genera la distruzione. Shiva danza all'interno di un cerchio di fuoco,
raffigurato da tante piccole fiammelle, che rappresentano il rogo del mondo.
Schiaccia sotto il suo piede destro la figura mitologica di un nano, il quale
rappresenta l'oscuramento cui sono preda gli esseri umani, e che solo il dio è
in grado di dissolvere; oscuramento dovuto all'illusione dell'esistenza di una
qualche realtà immutabile del mondo, che invece è solo transitoria (maya).
Quando Shiva inizia a danzare, tutta la Terra trema, e la
vibrazione si estende a tutto l'Universo che, bruciando, si sgretola sotto il
ritmo della danza. L'Universo si dissolve e la sua energia diminuisce sempre di
più fino a concentrarsi in un singolo punto, questo punto lentamente si
dissolve, lasciando solo un tenue suono, una vibrazione primitiva, di intensità
sempre più debole, che alla fine si annulla disperdendosi nel vuoto. E il vuoto
rimane tale, fino al momento in cui il dio, riprendendo la sua danza, decide di
creare un nuovo Universo, ripercorrendo in senso opposto tutti i passaggi della
distruzione: il ritmo della danza fa vibrare il vuoto, da cui scaturisce un
suono, che si concentra in un punto denso e di dimensioni infinitesime, il
quale continuando a vibrare, aumenta di dimensione fino ad esplodere in un
nuovo Universo. A questo punto, Shiva smette di danzare e la creazione è
compiuta.
La consorte di Śiva è la dea Parvati la madre di Ganesh e
Skanda. Si racconta che Parvati era una fanciulla innamorata di Śiva, e Kama,
dio dell'amore, per aiutarla scoccò una freccia in direzione del dio mentre
meditava, in modo da attirare la sua attenzione. Ciò però fece perdere la
concentrazione a Śiva che aprì il suo terzo occhio, ed incenerì Kama
all'istante, e così il mondo perse il kāma (desiderio sessuale) e divenne
povero e infertile. Parvati ebbe però l'occasione di parlare con Śiva e, dopo
il loro matrimonio, per sua intercessione Kama fu risuscitato.
Il messaggio spirituale di tutto l’Induismo è l’idea che la
moltitudine di eventi e oggetti che ci circondano sono differenti
manifestazioni della stessa realtà ultima, detto Brahman, sorta di “energia”
cosmica, impersonale, inconoscibile, dalla quale si forma - per emanazione e
non per creazione - tutto l’universo. Confondere le diverse forme in cui questi
si presenta, senza percepire un’unità alla loro base, significa ricadere nel
cosiddetto «incantesimo di Maya», nell’illusione di pensare le forme e le
strutture attorno a noi come realtà della natura, anziché frutti della mente
umana, la quale misura e classifica.
... segue nel libro DEA D'ORO di Gabriela Balaj
... segue nel libro DEA D'ORO di Gabriela Balaj
Fonti e riferimenti bibliografia
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